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Ricetta de “I Fusilli con il Puleggio”

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La nostra amica Giovanna Barletta nell’occasione della Domenica Delle Palme ci regala una ricetta tradizionale dell’Irpinia:

I Fusilli con il Puleggio.

Ingredienti

Per l’impasto:

  • Farina Rimacinata di Semola ECOPOTEA

  • Acqua

  • Sale

Per il condimento:

  • Passata di pomodoro

  • Olio extra vergine/oliva

  • 2 spicchi di aglio

  • Foglie di PULEGGIO

Procedimento

Disporre la farina su una spianatoia, aggiungere il sale e un po’ per volta l’ acqua.

Inizia ad impastare e aggiungi poco per volta l’ acqua fino ad attenere un impasto omogeneo e liscio.

Lascia riposare il panetto per 10 min.

Creare dei bastoncini di impasto e dividere per una lunghezza di 15 cm ogni fusillo.

Avvolgere il bastoncino ottenuto da 15 cm attorno al ferro e arrotola.

Per il condimento procurarsi una pentola possibilmente di terracotta,

far soffriggere l’aglio nell’olio e tiralo via quando ben dorato, aggiungendo poi la passata di pomodoro.

Fate cuocere il tutto a fuoco lento e prima di ultimare la cottura aggiungete il puleggio.

Nota: se preferite nel condimento, prima di mettere la passata di pomodoro potete aggiungere la carne macinata.

Curiosità e Tradizione

Il puleggio (nome botanico: Mentha pulegium) detto anche mentuccia è una delle diverse varietà della menta e venne chiamata dai romani “mentha pulegium”, ossia “menta della pulce”, in quanto per molti secoli è stata utilizzata per scacciare questo fastidioso animaletto.

Mentha Pulegium

Nel Medioevo utilizzata come unguento ” ottenuto con l’erba tritata unita al miele”, un ottimo rimedio contro le contratture;  la sua polvere assunta con miele ottimo come espettorante,   sorbita con l’idromele o con aceto diluito in acqua veniva usata per contrastare la nausea e i crampi allo stomaco, cotta nel vino per realizzare un decotto dall’intenso potere diuretico.

Chiamato anche “mentuccia” cresce spontanea nei luoghi umidi ed ombreggiati; può venir anche coltivata (per seme o per radice), ma sopporta poco le temperature rigide.

Il puleggio è un’erba ricca di preziosi componenti attivi, come il mentolo, il tannino, la carvona, il levulosio e l’essenza di menta: attualmente è infatti usata nei rimedi erboristici per combattere vari disturbi, tra i quali l’itterizia, il raffreddore, l’asma e la pertosse.

Come  infuso contro l’emicrania si utilizzino  25 grammi di foglie e di cime fiorite in parti uguali (per ogni litro d’acqua) e se ne prendano 3 tazze al giorno.

Barletta Giovanna

 

 

«Basta diserbanti: finiscono nell’acqua e in quello che mangiamo»

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La stagione dei diserbanti è solo all’inizio. «Da questo momento in poi i consumatori saranno stretti tra l’incudine e il martello: tra le grandi aziende che ne fanno un uso estensivo e i piccoli e medi agricoltori che spessissimo utilizzano a loro volta prodotti chimici aggressivi nelle loro coltivazioni. Queste sostanze tossiche si accumulano nelle falde acquifere, finiscono nei cibi, provocano tumore, uccidono le api, compromettendo i cicli di impollinazione e la biodiversità. E trovare un prodotto sano in questa strettoia è difficilissimo».

Che fortuna a stare in campagna per assistere alla distruzione della biodiversità dei nostri territori. L’agricoltura ha ceduto il passo ad un sistema agricolo capitalistico in cui l’unica cosa che conta è la quantità di prodotto finale da vendere. Questa assurda “corsa all’oro” abbiamo distrutto non solo la qualità del prodotto ma anche la diversità dei nostri territori. L’incidere dei prodotti fitosanitari non si limita a distruggere quelle erbe – ritenute infestanti – bensì annienta completamente ogni forma di biodiversità indebolendo l’equilibrio naturale.

 

Intervista in trattore: «L’agricoltura intensiva ha distrutto la naturalità del grano»

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«La produzione intensiva ha bruciato la semplicità del grano», spiega Massimo, socio e produttore della nostra piccola comunità.

La spasmodica ricerca della quantità ha privilegiato approcci agricoli che inquinano e impoveriscono il terreno, seminando la povertà del domani. Privandoci oggi di prodotti buoni e sani ed escludendoci da quei gesti che ci identificano come una comunità. E’ proprio dall’idea di comunità che riparte il progetto “I Luoghi del Grano”, unendo auto-produzione e inclusione, in un’ottica di tutela ambientale ed economia circolare.

Da quando il gruppo è partito ad oggi molte cose sono cambiate. 4 anni fa era molto difficile trovare agricoltori che credessero nel progetto e mettessero a disposizione terre e competenze. Oggi tanti piccoli e medi produttori chiedono di collaborare con il progetto di comunità, producendo direttamente per le famiglie. Saltando intermediari e grande distribuzione. Evitando pesticidi e diserbanti. Mettendo in tavola prodotti naturali, «anche per i nostri figli».

Il fischietto d’erba e i giochi di una volta

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Durante l’ultima “scellecatura” di Ecopotea (pratica di diserbo a mano che protegge il grano senza inquinare la terra), l’emergenza sanitaria ha reso difficile la solita entusiasta ed entusiamante partecipazione dei bambini. E’ per sopperire a questo mancato appuntamento intergenerazionale che Erminio Nardone, con la complicità del portale bMagazine, ha realizzato il suo primo video “agritutorial” su come realizzare un fischietto d’erba. Lo proponiamo qui assieme a una bellissima riflessione sui giochi di una volta di Federica Figliolino, con la collaborazione di Vittorio Palmieri. Cominciate a fare pratica per il prossimo appuntamento rurale di comunità!

Con sorridente passione i miei genitori raccontano delle loro giornate estive, di cui mi pare a volte di sentire il calore sulla pelle. Giornate fatte di comitive scorrazzanti per i campi, di complicità, di fantasia e di creatività. Ascoltando questi racconti di giochi all’aperto non riesco a non pensare a quanto sia stata diversa l’infanzia dei miei genitori e dei miei nonni dalla mia e quanto possa sembrare fantasia agli occhi di mia figlia. Cose semplici ed entusiasmanti come giocare con i sassi tra la paglia sembrano oggi chimere irraggiungibili per tantissimi bambini del 2020, condannati a trascorrere estati dentro le mura condominiali, in compagnia di simulatori vocali.

I bambini di una volta trascorrevano molto più tempo fuori casa, accompagnavano spesso i genitori in campagna durante le loro attività ed era in quel mondo bucolico che la loro immaginazione partoriva nuove realtà attraverso giochi frugali e spartani che però agli occhi disincantati di oggi mostrano il fascino di un’infanzia felice, serena e soprattutto condivisa. «L’estate era l’occasione – racconta mia madre – per fare bambole con le foglie delle pannocchie: dall’anima, fino alle mani, ai piedi e all’abito, era tutto un fasciare e legare di grosse foglie giallo verdi.»

La scellecatura, termine dialettale che indica l’attività del diserbo dell’erbacce, attività che veniva svolta prettamente a mano, spesso con l’aiuto o con la presenza dei bambini, diventava l’occasione per trasformare fili d’erba in fischietti e flauti improvvisando concerti tra le spighe di grano. “Le noci invece – ricorda mio padre – le usavamo come biglie”, ma potevano diventare barchette da far galleggiare sulle pozzanghere oppure “ci costruivamo torri, le lanciavano in percorsi a terra o le usavano come munizioni per colpire lucertole o il primo compagno che ci capitasse a tiro”

I più romantici raccoglievano fiori d’ogni colore, specie per farne magnifiche ghirlande da regalare, o per abbellire i capelli o le bambole. Io stessa ne avrò fatte a decine nei giorni di primavera, facendo a gara con gli altri bambini per decidere quale fosse la ghirlanda più lunga. I papaveri erano un altro mio meraviglioso passatempo. Mi divertivo a staccare i boccioli, ad aprirli e vedere di che tonalità erano i petali: vinceva chi trovava i petali più rari, quelli rosa o ancor più i bianchi, e poi ci si divertiva a fare stampini a corona, simili a tatuaggi, facendo pressione sulla pelle di gambe, mani e braccia già arrossate dal sole.

A seconda delle stagioni, stare all’aria aperta poteva essere l’occasione per rotolare giù sulle distese erbose, per fare torte di foglie e fango, per costruire dighe e percorsi su fiumiciattoli e ruscelli o per giocare a palle di neve. Nelle notti d’estate scendevo in giardino ad ammirare lo spettacolo silenzioso delle lucciole o mi fermavo a guardarle dal balcone inebriandomi dell’odore del fieno o del grano appena raccolti. Un appuntamento a cui non manco mai, neppure oggi. Anche per guardar le stelle, armata di coperta.

Della vita all’aria aperta oggi si parla come di una cosa da ricercare, per fuggire dalla quotidianità urbana, per la salute, per ritrovare quella serenità d’animo che non ritroviamo più nelle città, dove il verde urbano è stato soppiantato inesorabilmente da palazzoni di cemento. Ma l’andare per campi era anche un passatempo dettato dalla “fame”, specie per le generazioni dell’immediato dopoguerra: si raccoglievano e spesso si rubavano i frutti che la campagna offriva. Dalle fave di maggio, alle ciliegie, alle albicocche, ai pomodori, alle nocciole, alle noci, all’uva, ai fichi e alle more, era un tripudio di colori e sapori di stagione

Vivere il proprio ambiente è il primo passo per riscoprire l’immaginazione dei bambini, mortificata dai moderni passatempi che propongono una realtà artefatta e spesso alienante.

Federica Figliolino

La “Scellecatura” di Ecopotea, pratica simbolo di un nuovo rapporto con la terra e il cibo

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«Forse sembriamo dei pazzi, intenti a diserbare a mano interi campi di grano, ma in questo modo evitiamo di inquinare il cibo e la terra con i diserbanti, consegnandola pulita ai nostri figli e alle nuove generazioni»: read more →